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giovedì 3 giugno 2010

“ABBIAMO FATTO L’ITALIA, ORA FACCIAMO GLI ITALIANI”, IL TORMENTOSO TORMENTONE


Sembra proprio che l’estate 2010 sarà segnata dalla storica frase del vecchio D’Azeglio. Altro che Chihuahua, Macarena e Asereje-a-e-e! Quest’anno sotto l’ombrellone non sentiremo altro che la perla di saggezza del mitico Massimo. I giovani lo ripetono fino allo spasimo, i vecchi lo ricordano con nostalgia, le donne si sciolgono! Fabri Fibra ha già annunciato che il suo nuovo singolo si chiamerà: "Abbiamo fatto l’Italia, e l’abbiamo fatta di merda!". Le varianti sul tema non mancheranno, da "Fatti non foste a vivere in Italia, ma per seguir Giolitti e Zanardelli" a "L’Italia è fatta, portatela a San Patrignano", e infatti la famiglia D’Azeglio ha già chiesto i diritti d’autore, anche se ormai la celebre frase è di dominio pubblico. Anche l’associazione "Difendiamo Massimo" è sul piede di guerra. "Non vedo perché dovremmo strumentalizzare la frase di un pover’uomo," ha dichiarato il presidente della D.M. "capita a tutti di dire una minchiata!". Caro presidente, quello che dice è vero, ma c’è un limite a tutto!

sabato 29 maggio 2010

COTTO & MANGIATO (puntata 3)


Benvenuti nella nostra cucina! Oggi prepareremo uno splendido tiramisù con quello che vi resta in casa. Tutti abbiamo in dispensa il classico rimasuglio di panettone raffermo che nessuno ha più il coraggio di toccare da 14 mesi.: ebbene, è arrivata la sua ora. Prendete il coraggio a due mani e affettatelo ben bene con una sega a motore. Fatto? Adesso mettete del caffè, di quello che avanza sempre sui fondi delle tazzine e che nessuno beve mai, in un recipiente dove aggiungerete anche del mascarpone. Troppo caro? La nostra amica Palmira di Scasciano Terme (non Casciano, proprio Scasciano) consiglia allora di usare il latte scaduto, ma assicuratevi che sia scaduto sul serio, cioè che stia in piedi da solo e sappia giocare a dama. A questo punto unite il nostro "mascarpone" con il caffè vecchio: otterrete così un dolce dolce impasto, che verserete sulle fette di panettone, precedentemente ammorbidito con un giro di centrifuga (non dimenticate l'ammorbidente!). Per dare un tocco di colore, cospargete bene di briciolotti di pane secco l'ultima fetta, e decorate con qualche ricciolo di pesto di pistacchio (vedi puntata 1), che ci sta sempre bene. Vedrete che figurone con le vostre amiche! Mmm... Cotto e mangiato!

venerdì 28 maggio 2010

IO, KULAKO


Se lo sterminio degli ebrei, opera della follia nazista, vi ha scioccato, aspettate di sentire la storia dei kulaki. I kulaki erano della tranquilla gente di campagna, che se ne stava per i fatti propri nelle steppe nel culo della Russia. La maggior parte di loro zappava la terra a mano: i più ricchi avevano un aratro e, quando andava bene (ma proprio bene) un cavallo. Se possedevi un paio di scarpe, la gente ti rispettava. Un bel giorno arrivò la polizia, la CEKA (così chiamata perché andava a tentoni e non capiva una sega neanche a disegnargliela), e chiese: "Tu, che proprietà hai?"
"Un carretto sciancato"
"Troppo ricco, deportatelo. E tu?"
"Due papere e una moglie"
"Arrostite le papere e deportate la moglie. E tu?"
"Io di papere ne ho solo una, ma è finta, di quelle che galleggiano"
"Affondatela e portate via la vasca"
"Non ho la vasca: in genere uso una pentola"
"Allora cuoceteci le papere di quell’altro. E tu?"
"Io non ho niente"
"Troppo povero, deportatelo. E tu?"
"Cosa bisogna dire per non essere deportati?"
"Sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa"
"Sopra la campa la pacra manca, sotto la pampa la crapa crepa"
"Non c’hai preso un cazzo. Deportatelo"
La cosa strana è che, quando una mattina il vecchio Josif si svegliò, con i suoi occhietti cisposetti e le sue pantofole dell'orso Yoghi, e gli dissero che la Russia era sull'orlo del baratro, perché non era rimasto un solo contadino che lavorasse la terra, il nostro amico baffone ebbe anche l'arguzia di chiedersi come mai.

IL CAFFE’ ASBURGICO, UNA PRESA DI CULO


Inoltriamo vibrata protesta al Comune di Firenze, e mettiamo in allerta tutti gli studenti della città, contro il caffè asburgico, conosciuto anche come Kaffehaus, del giardino di Boboli. Ragazzi, state in guardia contro le insidie che si pongono tra voi e la vostra volontà di passare una sana giornata di studio! Diffidate di cartelli accattivanti e di turiste rimbambite! Il Kaffeehaus è una truffa!
Spinti da un nobile desiderio di abbeverarci alla fonte del sapere immersi nel verde, stamattina io ed un mio prode compagno ci siamo incamminati verso il giardino di Boboli, ormai tristemente famoso per i numerosi decessi causati dalle salite troppo salitose (da affrontare provvisti di ramponi e piccozza) e le discese troppo ruzzolose. Sotto lo sguardo ammonitore della Dea delle Fratte, che tutto può e tutto sa, abbiamo cercato un luogo ameno che fosse adatto allo studio, sebbene indotti al frizzo ed al lazzo dalla presenza di fiorellini, uccellini e moscerini. Sotto un sole dardeggiante, si è miracolosamente materializzato un cartello: "Kaffeehaus →". Provati dalle numerose salite, abbiamo pensato bene di rifocillarci con cappucciotti e zuccherotti assortiti, ma l’impresa si è rivelata alquanto complicata. I cartelli si susseguivano impietosi, e noi ne seguivamo l’indicazione come anatroccoli rincoglioniti dal caldo. Giunti sulla cima del giardino, a 1500 metri sul livello del mare, vedevamo sotto di noi solo le nuvole e qualche aereo. C’era sì uno strano edificio, uno specie di pagliaio sbilenco, ma niente che potesse far supporre la presenza di un caffè. Abbiamo dunque cominciato a inoltrarci per sentieri e viottoli di montagna, chiedendo anche informazioni ad un paio di turiste slave che, come nella migliore tradizione fantozziana, indicavano una da una parte e una dall’altra. Solo dopo un gran peregrinare siamo giunti all’eremo di una vecchia matta la quale, sorridendoci senza denti ha detto: "Avete incontrato un pagliaio sbilenco? Era quello il Kaffeehaus. È chiuso da trecento anni. L’ultima tazza di thè l’ha presa Leopoldo I nel 1768, me lo ricordo bene".
"Ma i cartelli?"
"Marketing. Una volta arrivati stremati fin quassù, i turisti fanno a gara per scendere a fondovalle a intuzzarsi di robba".

Caro Comune, le soluzioni che, dopo questa esperienza, ti proponiamo sono 3: o togli i cartelli fraudolenti, o apri il Kaffeehaus e ci fai un vero caffè, oppure lo abbatti definitivamente tanto è e resterà sempre un pagliaio sbilenco. Grazie.

giovedì 27 maggio 2010

RITROVATA MARTINA!


Si è conclusa per il meglio la triste vicenda che ha lasciato l’Italia con il fiato sospeso per 23 giorni. Martina Carroccio è finalmente tornata a casa. La ragazza, come ricorderete, era uscita a buttare la spazzatura, ed era scomparsa. Oggi, in esclusiva, la nostra redazione può raccontarvi, con le parole della stessa Martina, quello che accadde: "Ero uscita a buttare la spazzatura, ma non ero ancora ubriaca come hanno detto i miei coinquilini. Ho cominciato a darci sotto con i Jack Daniel’s solo dopo, e solo dopo la vista ha cominciato ad annebbiarsi. Smentisco categoricamente di aver avuto un incontro con un marocchino. Non era un venditore di ombrelli, ma un buddista, che, approfittando della mia mancanza di lucidità, ha cercato di convincermi a lasciare la mia religione. La cosa mi ha tentato, ma ho ceduto solo quando, per rincarare la dose, il tizio mi ha offerto un bel pezzettone di fumo di prima scelta. Ecco la verità: sono partita per il Buthan insieme a lui, perché pare che lì l’erba sia fantastica. In realtà l’ho capito dopo che era una scusa per abbordarmi, e che in Buthan non ci cresce un cazzo niente perché sta a 8000 metri di quota. Ma ormai la frittata era fatta: visto che ero lì mi sono convertita al buddismo, e per due settimane sono stata la sexy pastorella di yak del paese. Sono tornata in Italia non per una crisi mistica, ma perché in Buthan non c’era un solo cinese che vendesse alcol scadente".

mercoledì 26 maggio 2010

NASCE LPZ, TANTI AUGURI!




E’ stato depositato stamattina alla SIAE il brevetto della LPZ, la "Lega per la protezione degli zimbelli". La maggior parte della gente pensa che lo zimbello sia il solito caso umano che viene preso di mira dagli altri componenti di una comunità, ma in realtà per "zimbello", la Lega intende quegli uccelli che vengono crudelmente legati ad un filo o ad una rete per fare da richiamo per gli altri uccelli, al fine di catturarne il più possibile. Gli zimbelli soffrono dunque un disagio sociale e uno stress notevoli, cui questa nuova Lega vuole dire basta una volta per tutte. Naturalmente ad essa possono aderire anche tutti i baggiani, i rincobamba, i babbei e i tontoloni che si sentono oggetto di uno scherno ingiustificato da parte di amici, colleghi e familiari, nonché tutte le persone crudelmente discriminate perché hanno un nome per inizia per Z. Coraggio, voi Zaccaria, Zuzzurro, Zabedeo, Zoe, Zelinda e Zaccheo che siete all’ascolto! La LPZ è nata anche per voi!
una civetta usata come "zimbello", e uno zimbello.

STARABBA, IL GOVERNO DIMENTICATO


Forse non tutti sanno che tra la caduta di Crispi (1891), e il breve governo di Giolitti (1892), vi fu il governo ancor più breve dell’irreprensibile Antonio Starabba di Rudinì, che resse con coraggio le sorti dell’Italia per circa 3 o 4 giorni. Tuttavia, in quei pochi, miseri giorni il pirotecnico Antonio si dette un gran daffare: visti gli insuccessi dei suoi predecessori nella conquista dell’Etiopia, decise di cambiare area di influenza, e mosse all’attacco del Tibet. Le difficoltà logistiche non mancarono (qualcuno parlò di "immensa minchiata"), ma il contingente italiano riuscì comunque a raggiungere il Tetto del Mondo. Forti della superiorità numerica e dei gioielli tecnologici di cui erano in dotazione (tra cui fionde, bottammuro, raganelle e stelle filanti), i soldati italiani conquistarono diversi pascoli di yak incazzosi e di capre tibetane, ma dovettero arrendersi di fronte al temibile Generale Inverno: furono ritrovati a primavera, ospiti di un monastero che aveva servito per 6 mesi cioccolata calda e whisky di contrabbando. Anche nella politica interna, Starabba brillò per diplomazia: per sedare le rivolte di pecorai meridionali, eternamente incazzati perché la tv via cavo non era ancora arrivata al Sud, il nostro eroe distribuì a piene mani orologi dell’Uomo Ragno, astucci di Candy Candy e, ai primi 50 che telefonarono, offrì un soggiorno premio a Nocera inferiore (all’epoca piuttosto fiorente). Nonostante questi successi, le cose finirono male: il governo Starabba cadde perché Starabba cadde, uscendo da Montecitorio e schiantandosi contro un chioschino delle caldarroste. Nonostante questo, egli resta nei nostri cuori come uno dei più ambiziosi primi ministri della nostra storia. Ciao Antonio.