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venerdì 28 maggio 2010

IO, KULAKO


Se lo sterminio degli ebrei, opera della follia nazista, vi ha scioccato, aspettate di sentire la storia dei kulaki. I kulaki erano della tranquilla gente di campagna, che se ne stava per i fatti propri nelle steppe nel culo della Russia. La maggior parte di loro zappava la terra a mano: i più ricchi avevano un aratro e, quando andava bene (ma proprio bene) un cavallo. Se possedevi un paio di scarpe, la gente ti rispettava. Un bel giorno arrivò la polizia, la CEKA (così chiamata perché andava a tentoni e non capiva una sega neanche a disegnargliela), e chiese: "Tu, che proprietà hai?"
"Un carretto sciancato"
"Troppo ricco, deportatelo. E tu?"
"Due papere e una moglie"
"Arrostite le papere e deportate la moglie. E tu?"
"Io di papere ne ho solo una, ma è finta, di quelle che galleggiano"
"Affondatela e portate via la vasca"
"Non ho la vasca: in genere uso una pentola"
"Allora cuoceteci le papere di quell’altro. E tu?"
"Io non ho niente"
"Troppo povero, deportatelo. E tu?"
"Cosa bisogna dire per non essere deportati?"
"Sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa"
"Sopra la campa la pacra manca, sotto la pampa la crapa crepa"
"Non c’hai preso un cazzo. Deportatelo"
La cosa strana è che, quando una mattina il vecchio Josif si svegliò, con i suoi occhietti cisposetti e le sue pantofole dell'orso Yoghi, e gli dissero che la Russia era sull'orlo del baratro, perché non era rimasto un solo contadino che lavorasse la terra, il nostro amico baffone ebbe anche l'arguzia di chiedersi come mai.

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