
A distanza di oltre quarant’anni (la canzone uscì nel 1971) si riaccendono i riflettori sul caso di nera che infiammò l’Italia degli anni ’70, e che vide coinvolta l’ormai tristemente famosa Peppina (Pordenone, anni 93). Solo pochi giorni fa la notizia del tragico ritrovamento del piccolo Giacomino Tranfaglia (anni 4), rinvenuto soffocato nel suo letto (forse portato lì dopo la morte per depistare le indagini). A detta dei medici legali, la morte sarebbe sopraggiunta a seguito dell’ingestione di sette ali di farfalla, quattro o cinque caramelle e mezzo chilo di cipolle. Sembra tuttavia che il colpo di grazia sia stato inferto da una carica letale di tritolo. I nostri lettori ricorderanno bene che gli anni di piombo non furono funestati solo dalle "stragi rosse", ma anche da numerosi decessi, intorno a Pordenone, causati da avvelenamenti in tutto simile a questo. Ogni dubbio, quindi, è legittimo. La madre del piccolo Giacomino ha dichiarato: "Peppina, una madre non perdona. Non chiedo l’esecuzione mediatica, ma mi aspetto che la giustizia faccia il suo corso". Parole dure di una madre disperata, che non ci sentiamo di condannare. Ciò che ci lascia perplessi è sapere la vecchia matta, dopo una serie di processi caduti in prescrizione e rinvii a giudizio, sia ancora a piede libero in quel di Pordenone. Mentre lei continua, allegra ed inquietante, a preparare caffè pirotecnici, i genitori delle vittime aspettano una risposta. Intanto, domani alle 10.00, i funerali dello sfortunato Giacomino nella chiesa di S. Buca.
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